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  4. Una promessa sincera

Lontana dalla creatività fine a se stessa.

 

Negli anni Welcome ha aiutato le imprese a dare voce alla propria realtà, trasmettendo al mercato una promessa in linea con i loro valori.

Partendo sempre dall’identità e dalla personalità espressi dal brand, ha dato forma ad una comunicazione più sincera e meno pirotecnica. Senza privarsi, per questo, di qualche colpo di scena.

 

 

Quando costruite un messaggio pubblicitario, da dove iniziate?

Quando un consumatore sceglie un prodotto, oggi lo fa perché cerca l’esperienza particolare di un brand.

Per noi è quindi normale partire dalla storia dell’azienda e dai valori che stanno alla base della sua ispirazione. Vogliamo che ci sia un’assoluta coerenza tra la sua identità e il messaggio che poi andremo a diffondere sul mercato, perché una comunicazione incoerente, in questo senso, produrrebbe più danni che benefici.

Poi è ovvio, tutto questo non può mai prescindere dal contesto più ampio. Trend e competitor vanno sempre considerati quando si decide il taglio da dare al messaggio pubblicitario.

 

 

Hai detto che l’incoerenza non aiuta. Perché?

Come consumatori non acquistiamo più un oggetto per quello che è, quanto piuttosto per il racconto del brand che lo produce. Una verità che tocca persino il settore B2B, dove l’attenzione è spesso focalizzata sulla componente tecnica e si potrebbe pensare ad una scelta più razionale.

Il motivo per il quale la coerenza tra l’azienda e la sua promessa è fondamentale sta nel fatto che un messaggio che non rispecchia la realtà del brand rischierebbe di deludere il consumatore, deteriorando il suo rapporto con l’azienda.

Anche se si riuscisse a concludere la prima vendita questo sarebbe comunque un danno, perché i rapporti duraturi sono quelli più remunerativi per le imprese.

Un rapporto solido però si alimenta di valori, non certo di promesse vuote.

 

 

Se l’identità è alla base del messaggio, le aziende hanno sempre ben chiara la propria?

In Welcome abbiamo sempre lavorato con aziende di medie e di grandi dimensioni, dove al concetto di identità è sempre stata data molta attenzione. Negli ultimi anni però si è fatto un importante passo avanti e oggi anche le realtà più piccole sono diventate sensibili a questo tema.

Ovviamente può capitare di lavorare con dei clienti che non hanno mai ragionato in questi termini. Il primo lavoro da fare allora è quello di risalire insieme alla loro identità aziendale, perché è a partire da quella che gettiamo le fondamenta per costruire l’immagine da comunicare al mercato.

 

 

Come si declina l’identità di un’azienda all’interno di un messaggio pubblicitario?

Molto peso va dato al processo conoscitivo.

Per noi non esiste una creatività che non tenga conto della realtà dell’azienda. Ovviamente non è un lavoro semplice, ma è necessario se si vuole produrre una buona comunicazione.

Ogni progetto coinvolge molte persone: dall’account, che ha la funzione di garante e depositario dell’identità del cliente, al Direttore creativo, passando per il copy e gli altri specialisti.

Il processo quindi non si riduce mai alla sola idea geniale, perché la creatività è solo uno dei tanti aspetti che entrano in gioco.

Per fare un esempio banale, dentro ad una bottiglia di vino sono racchiusi la storia dell’azienda, il suo metodo di lavorazione, il terroir che ha definito le caratteristiche del prodotto e molto altro ancora. Insomma, c’è un mondo dentro ad una bottiglia di vino che l’etichetta non può permettersi di ignorare.

 

 

In termini di risultati, è un metodo che premia?

Tornando a quanto dicevo all’inizio, oggi acquistiamo principalmente il brand. Ciò significa che la costruzione di un messaggio capace di rispecchiare e diffondere i valori dell’azienda è fondamentale se si vogliono raccogliere certi risultati.

In generale questo è vero per tutti i mercati, anche se nella comunicazione mass market puramente consumer la creatività ha ancora il suo peso. Alla fine molto dipende dal tipo di prodotto che hai e dall’obiettivo che desideri raggiungere.

Se dovessi però dire se questa è la strada giusta, il fatto che in dieci anni di attività abbiamo continuato a crescere e a lavorare con gli stessi clienti, la mia risposta sarebbe di sì.

 

 

Le aziende cosa ne pensano? È un approccio diverso dal solito…

È un metodo che in alcuni casi può spiazzare, perché non è quello che ci si aspetterebbe da un’agenzia di comunicazione.
È vero, siamo creativi, ma per creare abbiamo bisogno di conoscere e capire.

Dopo la sorpresa iniziale, in linea di massima i clienti ci mettono poco per trovarsi a loro agio, sentono di non avere a che fare con una realtà differente dalla loro, che ragiona per astrazioni o suggestioni, ma con un’impresa che dialoga con un’altra impresa.

Più avanti poi, quando il rapporto è consolidato, può capitare che ci chiedano la creatività nell’arco di pochi giorni. Il discorso però è diverso, perché conoscendoli sappiamo già come ritagliare la comunicazione in modo coerente rispetto alla loro identità.

Con il nuovo cliente questo non è possibile: prima dobbiamo avere il tempo di conoscerci. Se poi non è quello che vogliono, beh… probabilmente non siamo l’agenzia di comunicazione giusta per loro!

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