Sharing & collaborative economy

Dal concetto di proprietà alla rivoluzione dell'accesso. Quali opportunità possono presentarsi?
RIUSO, RIUTILIZZO, CONDIVISIONE: negli ultimi 5 anni questi concetti hanno cambiato il nostro modo di vivere e soprattutto di acquistare. Se negli anni Novanta il possesso era la base del consumismo e l’unico approccio possibile al mercato, oggi le tendenze dimostrano come siano le economie collaborative e di condivisione, basate sull’accesso in base all’utilizzo, a diffondersi con grande velocità.
Era il 2013 quando per la prima volta oltre oceano si iniziava a parlare di sharing economy, economia costituita da modelli imprenditoriali in cui le attività sono facilitate da piattaforme di collaborazione che creano un mercato aperto per l’uso temporaneo di beni o servizi spesso forniti da privati.
Da quel momento sono state numerose le start up che si sono imposte all’interno di questo segmento, cambiando il nostro modo di usufruire di servizi di trasporto, di scegliere gli alloggi per le nostre vacanze, di acquistare beni.
Da Airbnb che oggi offre 650.000 stanze e vale 10 miliardi di dollari, esattamente come la catena Intercontinental senza però possedere nessuna proprietà, con costi bassissimi del personale, fino ad arrivare a BlaBlacar, piattaforma per la condivisione di viaggi che oggi gestisce più di 2,5 milioni di utenti.
Senza dimenticare la molto discussa Uber, che nel 2017 ha visto aumentare il numero delle corse del 150% su base annuale e che di recente in Europa è stata dichiarata essere un servizio nel settore dei trasporti e quindi da dicembre 2017 potrà essere disciplinata direttamente dai singoli Stati membri.
Secondo un recente studio condotto da Price Waterhouse Coopers il giro d’affari della sharing economy in Europa potrebbe valere nel 2015 più di 570 miliardi di euro entro il 2025.
Un valore 20 volte superiore a quello attuale e cresciuto del 77% fra 2015 e 2014 e in grado di assicurare alle piattaforme che operano in questo ambito nel vecchio continente ricavi per 83 miliardi di euro.
In Italia le piattaforme attive nel 2017 erano 125, di piccole dimensioni, che frequentemente si scontrano con grandi player internazionali nel settore. Tra i settori di spicco della sharing economy si confermano in crescita i servizi alle persone (pari al 20% delle piattaforme analizzate), dove emergono ambiti nuovi come quello immobiliare; seguono fra gli altri i trasporti (pari al 14,4% ma in calo significativo), i servizi di scambio/affitto/vendita (14,4%), servizi alle imprese (9,6%), turismo (12,8%), cultura (8,8%) ecc.
Un aspetto che oggi sembra poter frenare la crescita e lo sviluppo della sharing economy è legato all’assenza di norme per la regolamentazione e la gestione scale di queste attività.
Sono le stesse aziende che spesso limitano i propri investimenti proprio per l’incertezza sulla possibilità di poter lavorare anche in futuro che caratterizza il settore.