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  4. Navigare la complessità dello sviluppo territoriale

A differenza dell'ambiente aziendale, dove la leadership è detenuta dall’imprenditore che ha messo in gioco il proprio capitale, quando si parla di sviluppo territoriale esiste una pluralità di soggetti, ognuno con i suoi interessi e il pieno diritto a tutelarli.
Ogni progetto di sviluppo si muove infatti all’interno di un perimetro ricco di sensibilità, storie e visioni diverse, le quali possono talvolta entrare in conflitto tra loro. Il ruolo dell'amministratore pubblico (così come il nostro) è quello di navigare questa pluralità di interessi, cercando di creare una visione in grado di evitare possibili fratture.
Purtroppo, accontentare al cento percento tutte le parti in gioco è impossibile. Un dato di fatto di cui, troppo spesso, molti consulenti sembrano dimenticarsi. La tentazione di cedere ad un approccio squisitamente diplomatico, attraverso il quale appoggiare la visione di tutti, è forte. Per quanto possa sembrare un atteggiamento corretto e super partes, però, la verità è che porta inesorabilmente ad impoverire la traiettoria del progetto, depauperandolo di quelle energie di cui abbisogna per essere veramente efficace.
Un aspetto importante che vedremo meglio tra poco.

 

Partire dall’ascolto

Per gettare le basi di un progetto di sviluppo è essenziale ascoltare il punto di vista di tutti, e questo non solo per il valore che potremmo trovare nelle diverse posizioni. Chiamare gli stakeholder affinché presentino la loro visione delle cose permette loro di sentirsi parte dei lavori in corso, partecipando attivamente allo sviluppo del progetto e, dunque, di sentirlo come proprio.
A tal proposito, penso sia opportuno spendere qualche parola sui tavoli di lavoro. Credo molto nell’utilità di questi strumenti, a patto però che siano ben strutturati, non troppo allargati, con obiettivi chiari e un perimetro ben definito. Prima di strutturare i tavoli di lavoro è spesso opportuno fare degli incontri bilaterali con i singoli soggetti, perché questo li mette nelle condizioni di potersi esprimere più liberamente. Troppe volte diamo per scontato che le persone si sentano a proprio agio di fronte agli altri e che siano, perciò, pronte a contribuire alla discussione in egual misura. La verità è che in molti, quando hanno l’opportunità di confrontarsi all’interno di un contesto riservato, si sentono più liberi di esprimere il loro punto di vista.
Questo è il punto principale, ma c’è anche un altro aspetto che può minare l’efficacia di un tavolo di lavoro. Quando diversi stakeholder si trovano insieme in un’unica stanza, può capitare che si inneschino dinamiche controproducenti. L'orgoglio e alcune prese di posizione possono ostacolare il discorso generale: molto meglio, allora, incontrare ciascuno singolarmente.
Durante questa fase è inoltre cruciale raccogliere dati pertinenti che possano supportare il progetto e fornire una base solida di realtà. Ci aiuteranno a disinnescare quei pericolosi "secondo me" che troppo spesso tengono in ostaggio il dibattito. Se avremo dati certi e verificati tra le mani, potremo dare al confronto delle fondamenta obiettive, a partire dalle quali prendere le migliori decisioni per il futuro del territorio.


Co-creazione e gradualità nella condivisione

Una volta definita una prima traccia del progetto, il passo successivo prevede una fase di restituzione, possibilmente co-generativa, dove si lavora insieme alla creazione di uno scenario condiviso. Talvolta la strategia viene calata dall'alto, altre viene costruita insieme agli stakeholder coinvolti. In entrambi i casi è essenziale procedere per gradi, senza illudere le parti coinvolte con ghiotte visioni futuribili… ma poco realizzabili.
È decisamente meglio focalizzarsi sui piccoli successi, iniziando a muovere i primi passi verso un’evoluzione concreta del territorio. In questo modo dimostreremo che lavorare insieme è possibile e fruttuoso. A quel punto potremo anche decidere di spingere sull’acceleratore, ma sempre tenendo alta l’attenzione sulla capacità di condivisione tra gli stakeholder.


Dire di no e facilitare

Un aspetto molto importante, quando si parla di sviluppo territoriale, riguarda la capacità di dire di no quando necessario. È fondamentale comprendere le diverse posizioni, ma questo non significa necessariamente condividerle tutte. Molti progetti territoriali possono apparire come sfide complesse: leadership variegate e pesi differenti tra le persone coinvolte rendono la collaborazione un percorso difficile. Ecco perché, spesso, è fondamentale guidare i lavori in modo discreto ed efficace, affinché i “no” detti a beneficio del progetto non vadano a minare il lavoro di gruppo.
Non a caso il ruolo del consulente territoriale si lega sempre di più a quello del facilitatore. Facilitare significa creare le condizioni affinché la collaborazione avvenga in modo naturale, guidando il processo con una leadership discreta ma presente, affinché il lavoro proceda nella direzione corretta.
Un aspetto, questo, importante ogniqualvolta si abbia a che fare con le persone, che si tratti di un territorio come di un’impresa.

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Matteo Bonazza
Scritto da Matteo Bonazza

Sono curioso, propositivo, pronto per nuove sfide e progetti innovativi. Mi occupo della costruzione del prodotto turistico e del destination mgmt. “Ascoltare i bisogni del cliente è la chiave”.

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