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  4. Le 4 fasi nella vita di un imprenditore

Sono quattro le fasi che caratterizzano la vita di un imprenditore.

Momenti che evidenziano un’evoluzione nella sua energia, nella sua maturità e nella sua consapevolezza.

Le sfide che le caratterizzano non sono però sempre gestite nel modo corretto e questo, sicuramente, ha a che fare con la bassa percentuale di passaggi generazionali virtuosi.

Attenzione, però.

Per passaggio generazionale qui non intendo la gestione patrimoniale, fiscale o finanziaria dell’azienda.

Questa è senza dubbio una parte importante e delicata nella vita di un’impresa, ma il vero passaggio di testimone lo si gioca da un’altra parte. E cioè quando chi è chiamato a prendere le redini dell’azienda riesce a farlo rispettandone l’identità, l’anima e lo stile.

Quando riesce a prendersene cura con attenzione e rispetto.

 

Purtroppo, è raro trovare figli o nipoti ai quali è stata raccontata nel dettaglio l’azienda.

Spesso il modo in cui è nata, qual era il sogno del suo fondatore, come si è sviluppata e quali sono stati gli errori e le gioie da non dimenticare non fanno parte del capitale tramandato da una generazione all’altra.

 

Senza tutto questo, però, è difficile che i figli possano innamorarsi dell’azienda, della sua storia e del suo essere al mondo.

 

Piuttosto, guarderanno a lei come ad un’interessante opportunità professionale, concentrandosi probabilmente sui processi e sul prodotto finale.

Aspetti importanti, ma che da soli non possono coinvolgere né convincere il cliente, perché - ce lo dicono tutti i libri di marketing - oggi chi acquista non compra il “cosa facciamo”, ma il “perché lo facciamo”.

Tutto questo rischia inevitabilmente di rendere il nuovo “pilota” più fragile, più insicuro e demotivato, perché mancherà in lui quell’energia positiva che nasce in abbondanza quando a muovere ogni azione c’è un sogno e, nello specifico, un sogno d’impresa.

 

Personalmente, penso che attorno a tutto questo si giochi la partita più importante di un passaggio generazionale. Ciò che riesce a trasformarlo da un’urgenza (spesso improvvisata) a una convivenza tra generazioni.

E questa, se entrambe le parti lo vorranno, potrà diventare un’ottima opportunità di condivisione, attraverso la quale coltivare la fiducia reciproca necessaria per disegnare ogni percorso, scelta o rinuncia.

 

Questa convivenza, ovviamente, va inserita all’interno di una delle quattro fasi che ho menzionato all’inizio di questo articolo.

 

La fase della creazione

È una fase piena di emozioni. Di energia, di entusiasmo, di paura.

È la fase in cui si decide di fare il grande passo, e cioè di fondare l’azienda. Inutile nasconderlo: questa per l’imprenditore diventerà presto come un piccolo figlio. Qualcuno (non qualcosa) del quale prendersi cura, per il quale immaginare un possibile futuro.

Dal momento in cui nasce l’azienda, l’imprenditore viene travolto da una forza sovrannaturale che gli permette di resistere alle fatiche fisiche ed emotive. Ai viaggi lunghi, agli incontri innumerevoli; a tutti i dubbi e a tutte le paure delle persone vicine, le quali non possono capire la profondità della visione e quindi si limitano a vederne il bicchiere mezzo vuoto e le minacce che il nuovo progetto potrebbe incontrare.

 

La fase della crescita

Si tratta di un periodo a tutta velocità, dove l’azienda si evolve e cresce, ma lo fa attorno al suo fondatore che ne diventa il pilastro portante.

Un pilastro che entra in tutte le dinamiche aziendali, impedendo la crescita professionale di molte persone.

In questa fase infatti si trovano spesso aziende cresciute dal punto di vista dimensionale, ma non culturale o manageriale. E anche se l’azienda conta centinaia di collaboratori, tecnicamente rimane un’azienda artigiana, perché l’artefice principale della creazione del suo valore è il suo fondatore che, come un artigiano, appunto, continua a tenere per sé i segreti del suo mestiere.

In questo modo però non permette all’azienda di coltivare la capacità di creare e ricreare valore a prescindere da lui, e questo può essere un grave problema per il futuro dell’organizzazione.

 

La fase della consapevolezza e della maturità

Attraverso le sfide e i successi, l’imprenditore nel tempo è maturato, ha allentato la sua competitività ed aggressività ed è quindi più consapevole del fatto che la sua azienda, per essere al sicuro, ha bisogno di ordine, di regole e di processi.

Diventa quindi disponibile ad accogliere progetti che vanno in questa direzione, ma lo fa con una profonda e decisa “scazzottata” emotiva, tra pancia, testa e cuore.

Se la sua testa lo aiuta in modo razionale a rendersi conto che un metodo basato sulle suggestioni e i tatticismi non può avere futuro, e quindi che deve permettere alle persone di entrare in gioco con maggiore autonomia, il suo cuore continua a tenere forte la presa sulla sua creazione, dalla quale dipende allo stesso tempo l’alimentazione necessaria per il suo ego (elemento naturale e basilare per qualsiasi uomo, e che perciò non va mai demonizzato ma gestito in modo intelligente).

Ne risultano reazioni spesso scoordinate e a volte incoerenti, dettate dalla paura di non essere più il centro esclusivo della scena aziendale.

Ogni volta che emergono nuovi talenti, nuove persone cariche di leadership, inconsciamente il suo istinto sarebbe quello di ostacolarli o contenerli, più che quello di esaltarli.

Inutile dire che questo comportamento genererebbe una perdita per tutta l’organizzazione.

Riuscire a riconoscere per tempo queste emotività, spesso nascoste e profonde, potrebbero aiutarlo ad affrontare la condivisione della leadership con più serenità, generando un enorme vantaggio sia per sé che per l’azienda.

 

La fase della saggezza

L’energia, ormai in calo, viene impiegata con ritmi e azioni molto diversi.

È la fase tipica delle grandi riflessioni, delle proiezioni e delle visioni future. È una fase dove ci si guarda allo specchio e, in modo sincero, si ammette cosa non si è fatto e cosa si dovrebbe fare.

 

Per tutti noi la cosa più importante nella vita è lasciare un segno del nostro passaggio. I figli ed i nipoti sono un segno enorme, ma lo è anche un progetto imprenditoriale.

 

Affinché questo segno resti nel tempo, però, è necessario che superi il passaggio generazionale con sicurezza e passione.

Durante questa fase di grande saggezza l’imprenditore deve quindi imparare a scendere dal palcoscenico, mettendo al centro l’azienda con la sua identità, il suo scopo di vita e i suoi valori.

Dovrà quindi permettere alle persone di fiducia di prendersene cura, di farla crescere e persino di modificare alcune scelte prese da lui in passato, quando queste si rivelano non più efficaci.

A fronte di tutto questo, ciò che lo appagherà sarà sentire che la sua azienda è sana e che, in fondo, è sempre la stessa, con gli stessi valori e lo stesso stile; che la sua azienda si prende ancora cura delle sue persone e delle promesse che ha fatto al mercato con etica e coerenza.

 

A quel punto saprà limitarsi, come un nonno saggio, ad alimentare con entusiasmo la motivazione delle sue persone, aiutandole a rendersi conto che quella è forse la migliore azienda per la quale potrebbero lavorare, permettendo loro di sentirsene pienamente orgogliose.

 

In conclusione, cari padri imprenditori e cari figli candidati ad esserlo, imparate ad ascoltarvi e capire dove siete, se davvero desiderate intraprendere questo percorso.

Per farlo sarà necessario che vi veniate incontro in modo sincero e che sappiate mettere sopra qualunque cosa il bene dell’azienda.

Perché il vostro unico ruolo è quello di prendervene cura, mettendo in sicurezza lei e le sue persone.

Facendo ciò che serve per farla crescere e per tramandarla alle generazioni future con entusiasmo ed orgoglio.

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Davide Gabrielli
Scritto da Davide Gabrielli

Lo sviluppo è la mia vera mission. Cerco sempre di trovare il migliore equilibrio di ben-essere e sono convinto che, per sviluppare un eccellente progetto, serva avere molta energia positiva.

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