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  4. Cosa dovrebbe imparare un imprenditore dall’azienda Barcelona FC
Come valutereste un’azienda che produce ricavi per 608 milioni di euro (raddoppiati in 8 anni), con un’Ebitda di € 105 milioni e utili netti per 15 milioni?
E se la stessa azienda fosse la più vincente degli ultimi 10 anni, con risultati sportivi quali: 6 campionati nazionali, 4 coppe nazionali, 8 supercoppe nazionali, 3 coppe del mondo per club, 3 champions league e 3 supercoppe europee?

Cercando di capire quali siano le dinamiche che portano ad un tale processo di creazione del valore, sono rimasto colpito da un dato: in questi 8 anni, 7 titolari su 11 più l’allenatore (escludendo una stagione), provenivano dal settore giovanile.

L’asset strategico principale del Barcelona è proprio la sua famosa “cantera”.

Spiegare il vantaggio economico di questo tipo di approccio è fin troppo facile: certamente se 2/3 della squadra non deve essere acquistata sul mercato, il beneficio a bilancio sarà evidente; non sarà necessario ammortizzare il costo di tali fattori produttivi e si libereranno risorse che potranno essere destinate agli ingaggi, diventando così più attrattivi per i campioni, o reinvestite in azienda.

Ma il vantaggio competitivo del settore giovanile non è principalmente economico.
Il Barcelona ha uno stile di gioco, il famoso tiki taka, scelto e consolidato nel tempo. Consiste in una continua rete di passaggi, allo scopo di mantenere il possesso della palla e il conseguente comando del gioco, per far correre gli avversari, stancarli o sbilanciarli, e scegliere il momento giusto in cui affondare il colpo.

Questo stile di gioco è insegnato e praticato fin dalla tenera età. Abbisogna di grande tecnica, velocità di esecuzione e visione di gioco. Fin da subito il Barcelona può cercare, selezionare e iniziare le giovani leve a questo stile. Capire chi ne è predisposto e chi, per caratteristiche diverse, non si confà alla loro proposta.

Non bisogna commettere l’errore di pensare che il Barcelona formi degli automi. La tattica del tiki taka presuppone che ogni volta che un giocatore ha il pallone tra i piedi legga la situazione e, in autonomia e con spirito di iniziativa, decida cosa fare. Non ci sono schemi da applicare. Non troverete Antonio Conte dalla panchina ad indicare il passaggio.

La forza del settore giovanile del Barcelona è quella di valorizzare le caratteristiche dei giovani calciatori e di vedere nella loro capacità di lettura della partita il valore aggiunto su cui puntare, valorizzando il fatto che 24 occhi (allenatore e giocatori) vedono meglio di 2 (solo l’allenatore). A testimonianza della bontà di questo modello, molti di questi giocatori e allenatori, quando cambiano società, non rimangono a questi livelli di performance.
Proprio per il venir meno di questa alchimia tra idea di gioco e giocatore.

Ma il Barcelona non si limita a questo.

Questa cultura aziendale raccoglie lo spirito di un territorio, la Catalogna. L’orgoglio, la voglia di autonomia, di poter essere padroni del proprio destino, sono così sentiti che diventano anche governance.


Il Barcelona ha 172mila soci. Alcuni ritengono sia il più grande esempio al mondo di azionariato popolare. Tra questi soci non si trovano solo appassionati di calcio, ma molte persone che condividono questo spirito, questa cultura, che in campo diventa stile di gioco. 
La forza del Barcelona è che la cultura aziendale è più importante della singola persona. Cambiano giocatori ed allenatori ma la continuità nel tempo è assicurata.
La differenza coi rivali di sempre, il Real Madrid, è evidente. I risultati economici sono simili, ma i blancos sono alla continua ricerca del campione da ingaggiare, dell’allenatore che porti un’idea di gioco vincente. E vengono giudicati da 93mila soci che, quando non sono soddisfatti, agitano allo stadio il fazzoletto bianco dando vita alla famosa pañolada.
Ogni giorno tutti gli imprenditori sono chiamati a scegliere se essere Real Madrid o Barcelona.
Spero avendo a cuore quanto insegnano questi ultimi: l’anima di un’azienda è la propria cultura aziendale. Questa è la sintesi dei valori e del sentire delle persone che ne fanno parte, oltreché del loro territorio. La cultura aziendale genera una identità e uno stile;
 lo stile aziendale, il modo in cui l’azienda vuole fare business, dà vita, consapevolmente o meno, ad un modello di business.
Più se ne è consapevoli, più si può essere coerenti col proprio modello;
 la consapevolezza della cultura aziendale e la coerenza del modello di business consentono alle persone di sentirsi parte di una comunità. Questo le porta a mettersi in gioco;
 quando le persone si mettono in gioco ci sono più occhi per vedere e orecchie per ascoltare, riuscendo ad intercettare segnali deboli “out of the box”, grazie ad una leadership diffusa;
 quando si promuovere la leadership diffusa si può contare su senso di responsabilità e spirito di iniziativa, i quali andranno ad innovare la cultura aziendale e il modello di business. Pertanto, quando l’azienda:
 perde la propria anima non ha più una identità e fa fatica ad essere riconoscibile;
 quando non ha un’identità non esiste uno stile aziendale e difficilmente il modello di business sarà coerente;
 la mancanza di consapevolezza e coerenza non favorirà il senso di appartenenza delle persone;
La mancanza di senso di appartenenza favorirà la presenza di leadership autoritarie e deresponsabilizzazione dei collaboratori;
 lo stile diffuso in azienda sarà quello dell’autotutela e della ricerca della propria massimizzazione economica.
Finché non si troverà un’azienda migliore dove trovare tutto questo.

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