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Nel contesto aziendale odierno, dove il mercato è in continua evoluzione e le sfide sono sempre più complesse, la capacità di un team di lavorare insieme in modo efficace può determinare il successo o il fallimento di un piano industriale. Un elemento chiave per ottenere questo risultato è la figura del facilitatore, un ruolo che sta diventando sempre più cruciale nelle organizzazioni moderne.

 

Focalizzarsi, insieme, sull’essenziale

Secondo una ricerca della HBR il 75% dei team Cross-funzionali è disfunzionale, 1/3 delle collaborazioni tra persone che generano valore è dovuto al 3-5% dei dipendenti, mentre il 95% dei dipendenti d’azienda non conosce o non comprende la sua strategia.
La distinzione tra crescita personale e crescita del team è fondamentale: la prima riguarda lo sviluppo individuale, mentre la seconda si concentra sul miglioramento collettivo. Un team che cresce insieme è capace di affrontare le sfide, innovare e adattarsi ai cambiamenti con maggiore agilità.
Un gruppo coeso e motivato può lavorare meglio, produrre di più e contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici solo se conosce la direzione strategica ed è allineato in termini di strumenti e velocità di azione dalla sua organizzazione. Ad esempio, se il reparto vendite viaggia ad una velocità più elevata del Customer Care, le innovazioni del primo metteranno in crisi il lavoro del secondo, creando insoddisfazione nel cliente. Per realizzare con successo un piano industriale, è essenziale che ogni membro dell’organizzazione contribuisca alla crescita collettiva, rimanendo quindi allineato con gli altri membri del team e degli altri reparti.

 

Prima di Cambiare l’Organizzazione, Cambia la Mentalità

Il piano industriale comporta spesso la necessità di un cambio di marcia e nuovi ruoli all’interno dell’azienda. Attenzione però, il cambiamento organizzativo inizia con una trasformazione della mentalità. Ci capita sempre più spesso che le aziende, definita la nuova strategia, ci chiedano di valutare una revisione dell’organizzazione. In altre parole, di andare ad intervenire sull’organigramma per fare in modo che il risultato “arrivi prima”.
Prima di tentare una riorganizzazione bisogna fermarsi e capire perché quella attuale non funziona più. Spesso i team di lavoro non “funzionano” perché si sono chiusi dietro alla loro esperienza e nelle loro verità. Proposte e collaborazioni con altri gruppi o reparti diventano difficoltose perché le verità si sono trasformate in convinzioni. Ne è un esempio la difficoltà che spesso si incontra nel conciliare le esigenze delle vendite, più orientate al cliente, e il desiderio della R&D o della produzione nel dare vita ad un prodotto fatto a “regola d’arte”, secondo quei principi che “noi sappiamo essere corretti”, trascurando se il mercato gradisca o meno quel prodotto.
In questo contesto, lavorare su un nuovo organigramma non sarebbe efficace, perché i comportamenti, ormai parte della cultura di quel team, probabilmente si presenteranno anche nella nuova organizzazione.
Una mentalità di sviluppo, unita a una direzione chiara, è cruciale per creare un team propositivo. È importante capire che il cambiamento non deve essere una lotta tra innovatori e conservatori. Esistono passaggi logici per attivare tale mentalità:

  • Creare Consapevolezza: Comprendere dove siamo e dove dobbiamo andare.
  • Attivare la Condivisione: Scambiare visioni e punti di vista diversi.
  • Rappresentare in modo semplice la realtà: Trovare modi per rappresentare le diverse realtà aziendali in modo che siano immediatamente comprensibili.
  • Fissare Obiettivi Comuni: Imparare a fissare e condividere gli obiettivi.
  • Mettere il focus sull’Essenziale: Concentrarsi su ciò che è realmente importante.
  • Scegliere Punti Chiave: Definire e condividere le azioni chiave.
  • Coltivare la cultura del controllo: Stabilire come misurare i progressi per poter cambiare approccio e quindi evolvere, in modo oggettivo e non “di pancia”

Come si fa? Allestendo quella che in gergo tecnico viene definita una WAR ROOM, ovvero la stanza in cui le unità operative si confrontano per elaborare soluzioni a problemi e strategie.
All’interno della War Room i gruppi di lavoro si riuniscono in sessioni di lavoro efficaci e brevi, i quali si svolgono sotto la guida di una persona neutra che definisce le regole e allestisce il campo di gioco: un facilitatore. Questo permette al gruppo di concentrarsi sulla discussione senza distrazioni.


Chi è il facilitatore?

Il facilitatore è una figura strategica che aiuta a evolvere l’organizzazione, fungendo da punto di incontro tra tutte le direzioni aziendali: CEO, CFO, marketing, R&S, vendite, HR.

 

Quali sono le sue competenze?

  • Esperienza e Comprensione: Deve avere esperienza aziendale e comprendere i processi interni, è una figura senior.
  • Competenze Gestionali: Ha Conoscenza delle tematiche generali della gestione aziendale, marketing e vendite.
  • Propensione al Lavoro di Squadra: sa leggere le dinamiche di gruppo e individuare il filo rosso che lega la discussione, per guidarlo verso una soluzione coerente e largamente riconosciuta.
  • Capacità di Sintesi e Ascolto: ha capacità di sintesi ma deve prestare molta attenzione all’ascolto e al coinvolgimento dei partecipanti per ottenere risultati concreti e non rappresentativi di una sola parte. Deve accertarsi che ognuno abbia avuto la possibilità di dare il suo contributo.
  • Strumenti Digitali e Analogici: ha una vasta "cassetta degli attrezzi" ricca di strumenti per facilitare il lavoro al gruppo. Deve creare le condizioni affinché avvenga un confronto focalizzato sulla tematica da trattare e deve saper orientare il gruppo verso un output concreto.
  • Adattabilità: Conosce le dinamiche dei gruppi e sa adattare (anche in corsa), le modalità al contesto, per far esprimere al meglio il potenziale del team. Ad esempio, sa gestire personalità esuberanti, conflitti e sa capire quando cambiare il passo alla sessione.
  • Inclusività: Coinvolge, include e non isola, facilita e non manipola. La sua posizione è neutra e deve assicurarsi che nessuno venga lasciato indietro. Ricordiamoci che ogni team è la rappresentazione di una parte dell’organizzazione. Se ne trascuriamo una, probabilmente stiamo trascurando una fetta di collaboratori che non ci seguiranno nelle fasi successive.

In sintesi

Il facilitatore non si occupa del contenuto, bensì di guidare i gruppi di lavoro ad acquisire un metodo che li aiuti a focalizzare meglio le priorità e ad affrontare le piccole e grandi sfide evolutive di ogni giorno. Aiuta a creare la mentalità dello sviluppo guidando i gruppi di lavoro, da piccoli a molto grandi attraverso il processo appena descritto.


Effetti di breve e lungo periodo

Le sessioni di facilitazione hanno un impatto di lungo periodo, ma possono portare anche dei vantaggi immediati, come testimoniano i feedback dei partecipanti alle sessioni da noi facilitate.
Ecco i più frequenti:

Feedback

Effetto

“È stato bello capire che se pur con punti di vista differenti, vogliamo remare nella stessa direzione”

Allineamento

“Ora mi è molto più chiaro quello che fanno i miei colleghi”

Comprensione

“Mi sembra di avere messo ordine a temi ai quali giravamo intorno da anni”

Ordine e focus

“Mi sono venute delle idee per apportare qualche modifica al mio modo di lavorare già da domani.”

Proattività

“Abbiamo già delle soluzioni!

Concretezza

“Dovremmo farlo più spesso”

Motivazione

 

Conclusione

La figura del facilitatore è essenziale per guidare il team verso la riuscita del piano industriale, in quanto si inserisce in ogni contesto aziendale per semplificare i passaggi chiave. Un gruppo ben guidato e coeso rappresenta il vero motore del successo aziendale. Investire nella crescita del team e nella figura del facilitatore sta diventando una scelta sempre più frequente per le aziende che desiderano raggiungere risultati concreti e duraturi dando una forte spinta al proprio contesto culturale.

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Simonetta Cesaro
Scritto da Simonetta Cesaro Aiuto le organizzazioni a rimanere competitive nel tempo, preparandole ad affrontare i cambiamenti in modo strutturato e fedele alla propria identità. Per me, la forza è nel contributo di ogni singolo collaboratore.
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