Intervista a Martina Dell'Antonio, vicedirettore generale Habitech.

 

Habitech - Distretto Tecnologico Trentino per l’Energia e l’Ambiente, nasce nel 2006 con lo scopo di realizzare in Trentino reti di impresa e filiere produttive specializzate nei settori dell'edilizia sostenibile, dell'efficienza energetica e delle tecnologie intelligenti per la gestione del territorio.

Da sempre avanguardia rispetto ai temi della sostenibilità, oggi è faro e garanzia di competenza all’interno di un settore che si fa sempre più affollato.

 

 

Siete nati nel 2006. Com’era parlare di sostenibilità in quegli anni?

Era diverso. Il nostro ruolo è sempre stato un po’ quello di una nave rompighiaccio: già a partire dai primi anni della nostra costituzione ci siamo impegnati per portare la sostenibilità in Italia, creando dal nulla un mercato e, col tempo, formando quelli che oggi sono diventati i nostri stessi competitor.

Rispetto al passato, oggi la sostenibilità è diventata un tema molto importante e, anche se il trend è sempre stato in crescita, abbiamo vissuto una forte accelerazione solo recentemente.

 

 

E gli argomenti? Sono rimasti gli stessi col passare del tempo?

Inizialmente i temi della sostenibilità si legavano principalmente ai consumi e all’efficientamento energetico degli edifici. Solo a partire dal 2018 l’attenzione si è lentamente spostata sui bisogni delle persone.

La coibentazione degli uffici rimane un tema importante ancora oggi, ma è solo uno dei tanti argomenti che girano attorno alle sedi di lavoro. A giocare un ruolo sempre più importante è invece il benessere delle persone.

D’improvviso la qualità dell’aria, dell’illuminazione, ma anche la gradevolezza degli spazi e i benefit offerti ai collaboratori sono diventati argomenti fondamentali.

Molti di questi si sono sviluppati anche in risposta alla pandemia, la quale ha avuto l’effetto di aprire la visione di tanti imprenditori ad un concetto diverso di sostenibilità.

Sono infatti sempre di più le aziende che ci chiedono un supporto rispetto ai temi dell’ESG.

 

 

A proposito di ESG, potresti spiegarmi meglio di che cosa si tratta?

L’acronimo ESG sta per Environmental, Social e Governance. 

È un concetto molto più ampio della semplice attenzione ai consumi, ma l’interesse delle aziende verso queste tematiche è sempre più alto. Spesso sono gli stessi imprenditori e manager i primi a cercare una sostenibilità a trecentosessanta gradi, slegata ai soli  parametri tecnici del proprio edificio.

È un approccio nuovo e ci vorrà del tempo prima che venga compreso dalla maggioranza. Nel frattempo, però, le aziende di medie e di grandi dimensioni si stanno aggiornando molto velocemente.

 

 

Da cosa dipende questo improvviso interesse verso i temi della sostenibilità?

Banalmente, una parte di questa attenzione va ricondotta all’effetto delle normative europee. L’Agenda 2030 ha imposto alle grandi aziende di accelerare il passo, e questo è quello che stanno facendo.

Anche tra le realtà più piccole però c’è un’attenzione crescente verso queste tematiche. Vuoi perché si desidera anticipare l’obbligatorietà delle normative, vuoi perché c’è chi vi riconosce un’opportunità di crescita; l’interesse sui temi ESG è altro tra le PMI.

 

 

Se dovessi dare un giudizio della consapevolezza media delle nostre PMI rispetto al tema della sostenibilità, quale sarebbe?

In linea di massima c’è ancora molta confusione.

Le grandi organizzazioni si possono permettere di avere al loro interno delle figure specializzate, figure del board che hanno la possibilità di informarsi e di formarsi, magari con uno staff dedicato a disposizione.

Le PMI, al contrario, sono spesso impegnate a rincorrere gli obiettivi operativi e questo impedisce loro di riconoscere il valore di alcuni temi strategici. Anche qui, però, le cose stanno cambiando velocemente. Se una volta gli imprenditori erano molto restii ad affrontare alcuni argomenti, temi come B Corp, Società Benefit e ESG oggi attirano anche il loro interesse.

Purtroppo, come ho già detto, la confusione è tanta e questo un po’ ostacola il lavoro. Ogni giorno nascono dal nulla decine di consulenti che con poca esperienza e senza la necessaria competenza cercano di cavalcare un trend positivo, accompagnando le aziende in percorsi che non danno né i risultati attesi né il valore aggiunto per l’azienda e per il contesto di riferimento.

 

 

Quali sono le opportunità reali per le aziende che vogliono ottenere una certificazione di sostenibilità?

Affrontare questo tipo di percorso permette all’azienda di fare una fotografia di tutta l’organizzazione, chiarendo alcuni punti che a volte l’imprenditore dà per scontati. Ce lo insegna l’esperienza: spesso le imprese hanno un’idea di sé e di quello che vogliono fare, ma mancano di un riscontro materiale concreto a partire dal quale possano raggiungere i propri obiettivi.

Attraverso questo percorso potranno riconoscere gli strumenti di cui hanno bisogno per ottenere il miglioramento che cercano.

 

 

Quella di B Corp è forse la certificazione più importante. Nello specifico, di che cosa si tratta?

La certificazione B Corp è una certificazione molto complessa. Si sviluppa secondo cinque sezioni: governance, collaboratori, comunità, ambiente e clienti.

Si inizia comparando gli standard richiesti con l’attuale situazione aziendale, dopodiché si lavora per colmare i gap o per certificare quanto è già stato raggiunto.

Ad esempio, se ai tuoi collaboratori elargisci dei benefit dovrà esserci un documento in cui vengono definiti nello specifico le modalità di erogazione, le condizioni, le tempistiche e via dicendo per la gestione del benefit stesso. 

In alcuni casi sono solo formalità, la necessità di definire nero su bianco azioni già intraprese per dimostrare quanto già si sta facendo; in altri casi bisogna partire da più lontano.

In ogni caso, l’obiettivo non è mai quello di creare burocrazia in più, ma piuttosto di aiutare le aziende a sviluppare delle procedure che ne agevolino il lavoro. 

Altro esempio tipico è la formazione ai dipendenti: tutti dicono che fanno formazione - non solo obbligatoria - per i loro dipendenti, ma quando la fanno? Chi partecipa? Di quante ore stiamo parlando? Sono queste le cose importanti da sapere.

Quello che ho sempre detto, ed è quello che continueremo sempre a dire, è che non deve essere fatta nessuna azione per il solo “bollino”. Non ne varrebbe la pena. Perché se implementi un’azione solo per ottenere la certificazione, una volta raggiunta smetterai di applicarla e questa è la cosa più sbagliata che si possa fare.

Da fuori i clienti lo capiscono sempre se c’è della sostanza o se le nostre sono solo delle belle parole. Per fortuna ad oggi Habitech è riconosciuta per la “sostanza”, l’esperienza e le competenze che l’hanno sempre caratterizzata.

 

 

E le società benefit?

Diventare una società benefit non prevede nessuna certificazione, né il percorso in sé è difficile. Questo, però, non significa che non sia impegnativo.

La società che sceglie di intraprenderlo deve credere molto in quello che sta facendo, perché andrà a modificare il suo statuto, facendosi carico di alcuni obiettivi che dovrà poi rendicontare.

Stiamo parlando dei cosiddetti obiettivi di beneficio comune, i quali andranno inseriti all’interno dell’oggetto sociale. Possono riguardare temi come la formazione continua al personale, la diffusione della sostenibilità e degli altri strumenti di B Corp e molti altri ancora. All’interno dello statuto una società ne può inserire quanti ne vuole, ma deve avere ben chiaro che l’impegno sarà poi quello di raggiungerli, esattamente così come fa per i suoi obiettivi di bilancio.

Si tratta di un passo importante per l’imprenditore e per l’impresa e non va affrontato con leggerezza. Non si tratta di una certificazione, ma di un impegno e di una direzione che durano nel tempo e che modificheranno il volto di tutta l’organizzazione.

 

 

Un’ultima domanda. Possiamo dire che quello che sta accadendo in questi anni sia una vera e propria rivoluzione del nostro modo di fare impresa?

Diciamo che se non cambia il modo di fare impresa, se gli imprenditori non hanno la volontà e la visione di cambiare il loro modo di organizzare e gestire le organizzazioni, implementando anche cose diverse rispetto alla pura attività di business, allora le imprese avranno difficoltà a rapportarsi con il mercato.

Quanti sono stati i casi di chiusure e di fallimenti?

Adesso l’imprenditore è molto più attento a certe tematiche, c’è più cultura. Il problema, tornando al discorso di prima, è semmai la confusione e la fortuna di trovare dei consulenti che possano accompagnare seriamente l’imprenditore in questi percorsi, andando anche oltre la pura consulenza ma dando quel valore aggiunto che permetterà alle imprese di crescere e diventare competitive anche su altri aspetti.

Da quando siamo nati il nostro impegno è stato quello di diffondere un certo tipo di cultura, principalmente quella legata alla sostenibilità e all’innovazione. È fondamentale riuscire ad arrivare alle aziende, far comprendere loro l’importanza delle nuove tematiche ESG e aiutarle nel raggiungimento degli obiettivi correlati.

La sostenibilità non è solo ambientale, ma riguarda anche il nostro modo di costruire le organizzazioni, di fare affari e di produrre valore.

È a partire da questo tipo di realtà che costruiremo il nostro futuro, non solo lavorativo ma soprattutto sociale.

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