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  4. Il passaggio generazionale di Mila

Con Robert Zampieri, attuale Direttore Generale, parliamo dell’imminente cambio generazionale e di come si sono preparati ad affrontarlo.

 

Mila è una realtà cooperativa tra le più importanti della provincia di Bolzano.

Il suo impatto sull’economia e la cultura del territorio altoatesino sono enormi, tanto che si è guardato al suo prossimo passaggio di consegne con grande interesse.

 

 

Attualmente, quanti sono i soci di Mila?

Contiamo circa duemila e trecento soci. Sono famiglie, contadini e masi di montagna che dal passo Resia arrivano fino all’alta Val Pusteria, coprendo a macchie tutto il territorio altoatesino.

Tra di loro abbiamo il piccolo, il medio e il grande allevatore, anche se il grande da noi è pur sempre piccolo rispetto agli standard europei. Parliamo di aziende a conduzione familiare, le quali possono vivere dei proventi dal latte solo per metà. Il resto viene necessariamente coperto con un secondo impiego.

Purtroppo, questo è il grande limite della zootecnia nelle zone più centrali delle Alpi: dove i numeri rimangono contenuti, il prezzo del latte non permette ai produttori di vivere solo del proprio lavoro.

 

 

Come trasmettere una visione comune quando la realtà aziendale è così grande?

Le occasioni per un incontro diretto con i soci non sono molte e questo, va detto, non aiuta. Ogni anno teniamo però un’assemblea in ciascuna delle nostre valli, così da poterli incontrare e allineare sui risultati e gli obiettivi futuri. È questa l’occasione più importante che abbiamo per trasmettere una visione comune, anche se recuperare la distanza con i soci non è sempre facile. La loro occupazione principale rimane quella della produzione del latte, mentre di tutto il resto si preoccupano poco. Dagli investimenti alle scelte strategiche, tutto ciò che riguarda la gestione della cooperativa viene delegato al Consiglio di Amministrazione.

 

 

E il CDA detta la linea. Giusto?

In realtà il cda si riunisce solo una volta al mese, tempi che difficilmente permettono di pianificare la strategia. Così tutto passa in mano al Presidente e al Direttore Generale. È questo, se vuoi, il grande pregio delle società cooperative: se godi della fiducia della compagine societaria, hai a disposizione una grande libertà d’azione.

Decisioni come l’inserimento all’interno di un nuovo mercato o l’ampliamento della linea di prodotti possono dipendere quasi esclusivamente da te. Sei libero di poter distribuire i pesi a tuo piacimento, a patto però di collocare il benessere dell’azienda al primo posto.

Una situazione per certi versi differente da quella di una realtà privata, dove può capitare che la soddisfazione dell’imprenditore prenda il sopravvento su quella dell’azienda.

 

 

Per esempio?

Prendiamo il marketing, dove alcune dinamiche sono più evidenti. Quando si prepara il lancio di un nuovo prodotto, lo studio del packaging dovrebbe essere fatto per incontrare il gusto del consumatore. Talvolta, però, succede che a sceglierlo sia l’imprenditore secondo le sue preferenze.

È solo un esempio e non sempre è così, però può capitare.

Nelle società cooperative invece è diverso, perché il packaging viene approvato dal management e il management è sempre orientato al mercato.

Ciò che conta è riuscire a produrre determinati risultati, poi sta a te la libertà di scegliere come ottenerli.

 

 

È una grande responsabilità…

Lo è, perché ogni nostra decisione genera un impatto su più di duemila e trecento famiglie. Nel suo consolidato, parliamo di un’azienda con più di settecento dipendenti e un fatturato che supera i trecento milioni.

Il socio ha bisogno di potersi fidare di chi la guida, perché lui non sa nulla di come si gestiscono le persone, i prodotti o il mercato. Lui si occupa di produrre il latte e di consegnarlo puntuale ogni giorno in elevatissima qualità, ma il resto è delegato al management.

 

 

Qual è il ruolo di Mila negli equilibri economici della provincia di Bolzano?

Come Mila lavoriamo circa la metà del latte altoatesino. Questo vuol dire che se fossimo in difficoltà noi, lo sarebbe tutta la provincia. Si innescherebbe un disastro economico, sociale e culturale difficile da immaginare.

Si pensi che ogni anno distribuiamo ai nostri soci più di cento milioni netti di potere d’acquisto. Ciò significa che il fatturato che dobbiamo portare a casa è impressionante se commisurato a una piccola realtà territoriale come la nostra.

Inoltre, da noi non dipendono solo i destini di centinaia di famiglie, ma anche un pezzo importante della cultura e del turismo di questo territorio. Quando andiamo in montagna e ci meravigliamo dei masi ristrutturati e dei pascoli curati, anche questi sono parte di Mila. Senza il lavoro di questa cooperativa, l’allevatore di che cosa vivrebbe? Non certo solo di contributi

 

 

Sei arrivato in Mila ormai diciotto anni fa. Come hai vissuto il passaggio di testimone?

Era in corso un cambio generazionale ai vertici dell’azienda e tutto era un po’ in subbuglio. Oggi, però, posso dire di aver vissuto anni di relativa stabilità e di essere stato fortunato.

Come Direttore Generale di una cooperativa sono stato però piuttosto atipico. Ho lavorato molto per preservare l’equilibrio nel cda e questo ha significato dover allontanare chi non ha saputo fare squadra.

Non ho mai vissuto il sistema cooperativo come un luogo dove potersi “parcheggiare”. Spesso mi sono domandato cosa avrei fatto se fossimo stati un’azienda privata e, nella lungimiranza di alcune scelte, mi sono sempre rifatto a quel tipo di modello societario.

Durante i diciotto anni che sono stato qui ho fatto investimenti per centosettanta milioni di euro. Qualcun altro avrebbe fatto scelte più prudenti, ma di cooperative obsolete e chiuse in vecchi stabilimenti se ne vedono già abbastanza. Noi non volevamo essere tra queste. Oggi, chi vede la nostra nuova sede si fa un’idea completamente diversa della nostra realtà e tutto quello che abbiamo costruito rimarrà come valore aggiunto per la prossima generazione.

Ovviamente c’è sempre chi ha da recriminare qualcosa, ma a volte bisogna avere il coraggio di andare avanti, chiudere gli occhi e proseguire per la propria strada. Il futuro della società dipende anche da questo.

 

 

Da come ne parli sembra che la nuova sede sia un fattore determinante per il futuro di Mila. Perché?

Dobbiamo ricordarci che il nostro ruolo è anche quello di datori di lavoro. E il mondo del lavoro, oggi, è sempre più difficile.

I giovani di talento scelgono dove lavorare e se la nostra azienda non offre né benefit, né un ambiente di lavoro sano, pulito e piacevole, difficilmente saremo in grado di convincerli a venire da noi.

Dieci anni fa, quando eravamo ancora nel vecchio stabilimento, qualcuno preferì alla nostra offerta quella di altre aziende, come la vicina Loacker. Oggi le cose potrebbero andare diversamente e questo è un bene, perché fare in modo di essere un’azienda dove le persone desiderino lavorare è una nostra responsabilità.

Ricordiamoci che diamo lavoro a quasi cinquecento persone tra Brunico e Bolzano e ad altre duecento tra Mantova e Lodi. Non possiamo trascurare di essere competitivi sul mercato del lavoro.

 

 

A breve lascerai la direzione di Mila. Come state affrontando questo passaggio generazionale?

Quando ho capito che la mia strada avrebbe potuto prendere un’altra direzione, ho iniziato a pensare a qualcuno che potesse prendere il mio posto. Se non l’avessi fatto avremmo aperto un bando, pubblicato delle inserzioni o collaborato con un head hunter. Per la mia posizione si sarebbero presentate trenta o quaranta persone, e a quel punto chi avrebbe vinto? Il Consiglio di Amministrazione non ha modo di giudicare qualcuno in così poco tempo ed è probabile che avrebbe scelto la persona capace di fare la migliore impressione. Questo però non è sufficiente, perché in una società cooperativa come la nostra non c’è una proprietà che, uscita dall’azienda, possa continuare a monitorare l’operato dell’Amministratore Delegato. Qui passerebbe molto tempo prima che il cda si renda conto che la persona scelta non è quella giusta per l’incarico.

La nostra è una realtà complessa: da un lato c’è la risorsa latte, dall’altra il mercato e in mezzo gli investimenti, l’innovazione e le persone.

Trovare qualcuno adatto a ricoprire questa posizione non sarebbe stato facile.

 

 

Su chi è ricaduta la scelta?

Ho presentato al cda un giovane consulente che negli ultimi dieci anni ci ha affiancati durante gli incontri a porte chiuse, quando con i responsabili ci dedicavamo alla definizione della strategia aziendale.

Conosce quindi sia la nostra filosofia aziendale che i nostri obiettivi, ma anche le nostre persone, i nostri progetti e gli investimenti nei quali ci siamo impegnati. Il passaggio delle cariche avverrà con il primo di settembre, ma già da marzo ha iniziato a partecipare alle riunioni della dirigenza. Questo ci aiuterà ad affrontare il cambiamento in modo graduale, dando continuità e preservando una stabilità che sarebbe stata impensabile in altre condizioni.

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