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Essere donna oggi? Ci vuole (ancora) coraggio. Eh sì, perché a seconda della società in cui viviamo, godremo di più o meno diritti. Dovremo ancora fare i conti con più o meno giudizi, preconcetti, libertà, possibilità di assecondare le nostre ambizioni. Essere donna oggi significa lavorare giorno dopo giorno per cercare di restare in equilibrio sul sottile filo che unisce tutte le aree della nostra vita: compagna, mamma, figlia, amica, lavoratrice, tutto fare, manager della famiglia.
C’è che ci riesce con più facilità e c’è chi si fa risucchiare dal vortice di quello che la società, i famigliari e gli amici si aspettano, trascinando negli anni un retaggio culturale che dà per scontato che la donna sia l’unica responsabile della casa e dei figli. Portando anche, possibilmente, un secondo stipendio. Il tutto, co n l’ovvia conseguenza che il tempo a disposizione per sé stesse, le proprie passioni e ambizioni, svanisce nel nulla.

Tra pregiudizi e libertà di essere

“Io non sono chi penso di essere. E non sono nemmeno chi tu pensi io sia. Io sono chi penso che tu pensi che io sia”

Questa frase di Jay Shetty, ex monaco indiano che, abbandonata la tonaca, ha iniziato ad occuparsi di crescita personale, spiega perfettamente quanto le aspettative degli altri nei nostri confronti riescano ad influenzare quello che facciamo.

Alla prima lettura può sembrare uno scioglilingua, ma leggendolo un po’ di volte il senso diventa più chiaro: quante volte ci ritroviamo a modellare i nostri comportamenti e a prendere determinate scelte solo per soddisfare le aspettative altrui?

Donne multitasking. Donne Manager della Famiglia. Perennemente in bilico tra la realizzazione degli altri e la realizzazione di se stesse; dubbiose sui valori da perseguire e sulle priorità da assegnare. Alla ricerca di un costante controllo razionale per riuscire a soddisfare anche i propri desideri.

Essere donne oggi significa non abbassare mai la guardia, ma farsi promotrici di due grandi processi che non possono e non devono fermarsi: da un lato quello dell’emancipazione (non ancora pienamente raggiunta), dall’altra quello dell’ottenimento di uguali diritti e doveri tra i due generi.

Questi processi hanno portato a grandi conquiste, come alla legge sul divorzio, sull’interruzione volontaria della gravidanza e contro la violenza sessuale.
Ma anche a dei livelli di scolarizzazione femminile addirittura superiori a quelli maschili, sia in quantità che qualità, avviando un lento accesso a quei settori professionali ritenuti da sempre un presidio maschile.

 

Donne e lavoro

Restano ancora molte sfide da affrontare, come ad esempio quelle legate alle possibilità di carriera (fortemente limitate dalla maternità) e al gap salariale.

Con un tasso di attività femminile fermo al 56,2%, siamo all’ultimo posto tra i Paesi europei per occupazione femminile. Giusto per dare un metro di paragone, in testa alla classifica c’è la Svezia, dove si raggiunge l’81,2%.
In Italia, per molte donne, lavorare e formare una famiglia rimangono ancora oggi due percorsi spesso incompatibili.
Purtroppo questo aspetto è figlio di una componente culturale patriarcale ancora molto forte: basti pensare che il 63,5% degli italiani dichiara che può essere necessario o opportuno che una donna sacrifichi parte del suo tempo libero e della sua carriera per dedicarsi alla famiglia (dati Censis).

Mamme: le più penalizzate

La crisi pandemica di questo anno ha penalizzato ulteriormente la donna, e ancora di più le mamme: secondo l’Ispettorato del lavoro, nel 2019 sono state quasi 38.000 le neo madri che hanno dovuto rinunciare alla loro occupazione a causa dell’impossibilità di conciliare la vita lavorativa con quella famigliare.
Numero che nel 2020 è cresciuto ancora di più a causa della chiusura delle scuole.
Si pensi che, nel 2020, su 444mila persone che sono rimaste senza lavoro, 132mila sono uomini e ben 312mila sono donne (dati Istat).
Non servono molti commenti per dimostrare quanto in Italia l’occupazione femminile sia ancora un grande problema.

Stipendi, carriera e gap salariale

Per quanto riguarda il tema del gap salariale, a parità di mansioni è risaputo che le lavoratrici donne guadagnano meno rispetto agli uomini: le stime di Eurostat indicano che in Italia la componente discriminatoria del gender gap è pari al 12 per cento.

Inoltre, anche lì dove le donne dimostrano un livello di istruzione superiore a quello della controparte maschile, il mondo del lavoro tende a relegarle prevalentemente su posizioni meno prestigiose e meno retribuite rispetto a quelle occupate dagli uomini.
Ne è una controprova il fatto che solo una donna su quattro arriva, nella sua carriera lavorativa, a raggiungere una posizione di dirigenza.

Ma quali sono le ragioni delle differenze a livello occupazionale tra donne e uomini? Le motivazioni sono diverse:

- Viviamo in un paese in cui gli stereotipi di genere sono ancora molto accentuati, anche nel campo dell’istruzione, secondo cui ad esempio “Le donne sono più portate per le materie umanistiche rispetto a quelle scientifiche.”
- Molte donne sono occupate in mansioni poco retribuite, non possono fare carriera e le posizioni più importanti le sono precluse.
- Troppo spesso le donne trovano nel lavoro part time l’unico modo per creare il giusto equilibrio tra lavoro e famiglia. Secondo i dati Istat, le donne in part time involontario sono il 19,5%. Inoltre, una donna lavoratrice su tre (32,4%) ha un impiego part time per potersi occupare dei figli. Nel caso degli uomini questa percentuale si riduce all’8,5%.
«Lungi dal rappresentare una forma di emancipazione e una libera scelta, il lavoro a tempo parziale è subìto per mancanza di alternative da circa 2 milioni di lavoratrici, cioè è involontario per il 60,2% delle donne che hanno un impiego part time» (tratto dallo studio del Censis).
- Oltre ai pregiudizi di natura culturale, che impediscono alle donne di fare carriera, si aggiungono gli scarsi servizi di sostegno alle famiglie, la difficoltà ad ottenere un orario flessibile per le neo-mamme e la mancanza di misure adeguate per il rientro al lavoro dopo il periodo della maternità.

 

L’impegno della politica in Italia nel 2021

Con la Legge di Bilancio 2021, per le donne con contratti a tempo determinato stipulati nel 2021 e 2022, vi è l’esonero totale dei contributi a carico dei datori di lavoro per 12 mesi. I mesi possono diventare 18 se l’assunzione si trasforma in tempo indeterminato.
Il tetto massimo dello sgravio fiscale è pari a 6.000 euro, e lo stesso vantaggio è previsto per le aziende che assumono persone, si donne che uomini, sotto i 35 anni d'età.

Sempre la legge di Bilancio ha poi destinato 40 milioni per istituire il Fondo a sostegno dell’impresa femminile, con lo scopo di foraggiare per il prossimo biennio contributi a fondo perduto, finanziamenti senza interessi e percorsi di assistenza tecnico-gestionale. Inoltre sono stati stabiliti 3 milioni per il Fondo di sostegno al Venture capital, che ha lo scopo di supportare le aziende femminili più tecnologiche e innovative.
Per contrastare il problema del gender gap salariale, sono stati destinati 2 milioni di euro annui al Fondo per il sostegno della parità salariale di genere.
Per quanto riguarda invece la trasparenza di comunicazione su questo tema, in Italia solo le imprese quotate in borsa o con oltre 100 dipendenti devono redigere una relazione non finanziaria da includere nel bilancio di esercizio.

E in Europa?

Vediamo qualche esempio di politiche virtuose, illustrate in un articolo del Corriere della Sera del 23 novembre 2020: “In Islanda aziende ed uffici pubblici con più di 25 dipendenti devono dimostrare che il salario di uomini e donne è identico. E in Regno Unito le società con oltre 250 dipendenti devono pubblicare ogni anno i dati su stipendi e bonus di uomini e donne. Analoghe misure sono in vigore anche in Germania e Belgio”.

 

Casi virtuosi nelle aziende italiane

Rimanendo in tema di realtà virtuose, vediamo alcune aziende italiane che si stanno attivamente impegnando nel cambiamento.
Abbiamo Enel, che spinge la presenza delle donne nel Consiglio di Amministrazione, nelle posizioni dirigenziali e tra le nuove assunzioni. Accenture, multinazionale nel mondo della consulenza, si è data l’obiettivo di raggiungere la soglia del 50% di dipendenti donne. Ferrari punta a garantire l’uguaglianza salariale, di ruoli e di mansioni per uomini e donne, mentre Barilla ha intrapreso la stessa strada, e conta di realizzare il progetto a breve termine.
Infine, un’azienda che si distingue per la forte attenzione al genere femminile è senza dubbio Poste Italiane: qui oltre la metà (54%) dei dipendenti è donna, con il 46% tutto al femminile dei quadri dirigenti, il 44% dei componenti del consiglio di amministrazione e il 30% dei manager.

Cosa resta da fare

Se si vuole davvero garantire l’effettiva partecipazione delle donne al mercato del lavoro, le politiche di welfare aziendale e sociale devono essere adeguate ai nostri tempi, magari prendendo esempio dai paesi come Norvegia, Finlandia e Svezia, i quali sono da molti anni in cima alle classifiche mondiali per l’attenzione data al tema della parità di genere.

Un altro passo n avanti lo si potrebbe fare aggiornando i libri scolastici: i bambini non possono essere plagiati da stereotipi antichi, che vedono la mamma cucinare e pulire i piatti mentre il papà lavora e va in palestra.
È anche in aula che si può iniziare a cambiare questa mentalità estremamente patriarcale, educando i più piccoli a un’uguaglianza di genere in tutti gli ambiti della vita.

Agevoliamo poi l’assunzione delle donne nelle imprese, favorendo il lavoro femminile e, allo stesso tempo, forniamo risorse serie per affrontare la maternità, partendo ad esempio dal rendere il servizio 0-3 anni al pari delle scuole materne, e quindi con asili nido pubblici ed economicamente accessibili a tutti.

Infine, pretendiamo un maggiore contributo da parte dei padri, dei compagni, dei mariti.
Perché, va da sé che loro non dovrebbero “aiutarci”, ma contribuire al 50% nell’intera gestione della casa, della vita famigliare e lavorativa.

 

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Linda Recchia
Scritto da Linda Recchia

In costante movimento, se la mia vita non è piena mi invento subito qualcosa! Amo circondarmi di persone creative e intraprendenti che possano arricchirmi e smussare il mio lato più preciso e razionale.

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