Il sogno di Carbogang è nato a Trento dalla passione di quattro amici per la cucina e, in particolar modo, per la carbonara.

Ad oggi la start up conta una pagina Instagram seguita da decine di migliaia di persone e un prodotto, il Carbokit, contenente tutti gli ingredienti necessari alla preparazione del famoso piatto romano.

Il sogno, però, non è finito: c’è molta strada da fare e le idee da realizzare per il futuro sono ancora tante.

 

 

Partiamo dall’inizio: come è nata Carbogang?

È iniziato tutto per gioco.

Ci piaceva trovarci e cenare assieme e spesso capitava che cucinassimo la carbonara. Non avevamo scelto questo piatto per un motivo preciso, semplicemente lo facevamo perché ci piaceva. L’avevamo provato a cucinare una volta, poi a turno l’abbiamo rifatto un po’ tutti finché una sera, per scherzo, abbiamo creato la pagina Instagram Carbogang.

In quel momento non c’era nessuna idea imprenditoriale dietro, anzi. Voleva essere piuttosto una risposta scherzosa ai tanti video che giravano sui social in quegli anni di americani, francesi e stranieri che avevano la pretesa di insegnarci a cucinare la carbonara, ma poi ci mettevano la panna, il prosciutto, l’erba cipollina…

 

 

Volevate raccontare la vera ricetta della carbonara?

Sì e no, perché la vera ricetta della carbonara non esiste. Ci sono diverse storie legate a questo piatto, ma non è come per la amatriciana, dove la ricetta è stata depositata alla Camera di Commercio.

La carbonara è il secondo piatto più conosciuto al mondo ed è anche il più discusso, perché non c’è nessun documento che ti dica come deve essere fatta.

C’è chi ci mette l’albume, chi la pancetta, chi il guanciale… nessuno ha mai del tutto torto, perché la tradizione non ti dice che cosa è giusto e che cosa è sbagliato. L’albume, ad esempio, è difficile pensare che lo buttassero, visto che stiamo parlando di un piatto povero.

Quello che abbiamo provato a fare noi è stato mettere dei paletti, studiare la storia del piatto e di come è cambiato nel tempo l’utilizzo dei prodotti che c’erano all’interno.

Alla fine gli anni passano, cambiano i gusti e cambia anche la cultura.

 

 

Dicevamo, tutto è nato da una pagina Instagram…

Dopo che l’abbiamo aperta, per otto o nove mesi non l’abbiamo più toccata. Era nata ma rimaneva lì. Ci seguivano sì e no una trentina di amici e se per caso qualcuno faceva la carbonara ci mandava una foto. Niente di speciale.

Se ci penso, i piatti che ci arrivavano all’inizio erano praticamente delle frittate. Una cosa terrificante.

 

 

Poi però la pagina è cresciuta. Come?

Ad un certo punto c’è stato un click da parte nostra, si è fatta strada un’idea e abbiamo provato a darle un senso. Studiando l’algoritmo la pagina ha iniziato a crescere e noi le abbiamo dato un tono giovanile, creando uno slang tutto nostro. Parlavamo di carbocrema, carboguanciale e via dicendo. Questo ci ha aiutati a creare una certa immagine.

Abbiamo cominciato a spingere davvero verso febbraio 2018 e siamo arrivati al Carbonara day di aprile con cinquemila follower. Lì in un solo giorno siamo passati ad ottomila e poi, fatto quel salto, abbiamo continuato a crescere in modo costante.

 

 

Avevate organizzato qualcosa di speciale per il Carbonara day?

No, avevamo organizzato una piccola festa tra di noi, una sorta di grigliata tra amici dove al posto della carne c’era la carbonara. Saremo stati una cinquantina di persone e con gli introiti della giornata abbiamo pagato la festa. Il business l’abbiamo iniziato dopo, producendo e vendendo delle magliette. Lì abbiamo raccolto i soldi per creare i primi kit.

 

 

Ecco, rispetto ai kit mi ricordo una storia interessante…

Studiavamo a Milano e lì abbiamo trasformato un garage nel nostro magazzino.

Avevamo i nostri frigoriferi per conservare il pecorino e il guanciale, ma era tutto molto arrangiato e un po’ improvvisato.

Abbiamo lanciato i kit in pre-order e in meno di due settimane siamo riusciti a venderne cinquecento. È stata la prima vera grande soddisfazione e ci ha dato la spinta per cominciare a prendere le cose più seriamente.

 

 

Il primo kit era molto diverso da quello di oggi?

A livello di prodotto era identico a quello attuale, anche se successivamente l’abbiamo migliorato.

Nel tempo non abbiamo mai smesso di fare una costante selezione degli ingredienti. Continuiamo a rivalutare quello che abbiamo per essere sicuri di offrire la migliore qualità possibile.

Il guanciale, ad esempio, lo facciamo produrre esclusivamente per noi ad Amatrice. Abbiamo studiato la stagionatura, la salatura e la speziatura migliori per ottenere un prodotto eccellente per la preparazione della carbonara, trovando un fornitore disposto a prepararlo esattamente come serve a noi.

 

 

Ad oggi siete in quattro, amici e soci. Quanto è stato importante essere in gruppo per lanciare questo progetto?

Penso che l’energia per andare avanti sia dipesa molto dallo stare insieme, dall’unione e dalla forza del team. Il fatto di essere quattro persone ci ha aiutato a compensarci su tanti aspetti e questo ci ha permesso di andare avanti.

 

 

Qual è stata la difficoltà più grande che avete incontrato?

Cercare la soluzione per arrivare a più persone non è stato semplice. Inoltre avevamo diciannove anni e aprire un’azienda non è banale se sei un ragazzo e non hai mai fatto impresa. A livello burocratico, ad esempio, è stato un po’ complicato.

Anche la progettazione dei kit, capire come promuoverli e poi venderli è stato impegnativo. Però non ci sono mai state delle difficoltà che ci hanno fatto pensare di non riuscire a realizzare quello che avevamo in testa.

Adesso, semmai, c’è qualche ostacolo in più, perché vogliamo fare un salto di qualità. Per evolvere il business hai bisogno di soldi e per ottenerli devi capire bene la direzione che vuoi prendere.

I sogni sono tanti ma bisogna mettere ordine alle idee se vuoi riuscire a realizzarne qualcuna.

 

 

Se penso alla vostra storia, mi accorgo che segue una dinamica molto studiata nell’ambito del marketing. Sfruttare i social per creare una community di nicchia e poi confezionare un prodotto dedicato è sempre stato un vostro obiettivo?

Come ho già detto, all’inizio Carbogang è nata per gioco. Quando abbiamo deciso di farne qualcosa in più, però, abbiamo dovuto studiare il modo per riuscirci.

Quando ci siamo impegnati per far crescere la pagina avevamo già in mente l’obiettivo del kit. Ovviamente non avevamo la certezza matematica che avrebbe funzionato, ci siamo dovuti un po’ lanciare. Volevamo portare la nostra idea di carbonara in tutto il mondo e creare una community dedicata ci ha aiutati nello scopo.

 

 

Se dovessi lanciare una nuova start up, questo è un metodo che utilizzeresti ancora?

Dipende dal tipo di business e dal tipo di prodotto.

Il cibo è un tema che funziona molto bene sui social, quindi Instagram è servito al nostro scopo. Se però volessi aprire un ristorante, ovviamente non aspetterei di creare una base di centomila follower prima di inaugurarlo.

C’è poi un altro discorso che riguarda il mondo online in generale. Personalmente credo molto nel digital, perché i nuovi strumenti di comunicazione aprono tante opportunità. Dall’altra parte però penso che l’offline sia più efficace quando vuoi trasmettere qualcosa di profondo.

Quando incontriamo qualcuno di persona ci rendiamo conto che parlare delle nostre idee e dei nostri valori è più facile, perché riesci a comunicare qualcosa di più. I social, invece, rimangono sempre bloccati ad un livello un po’ superficiale.

 

 

Parliamo di futuro: quali sono i prossimi passi per Carbogang?

Ci stiamo per laureare tutti e quattro e questo significa che potremo dedicarci full time a questo progetto. La volontà dei prossimi mesi è quella di mettere a frutto il lavoro fatto con Gabrielli&Partner, visto che abbiamo unito tutte queste menti per trovare una quadra rispetto alle tante idee. Sicuramente i prossimi passi saranno anche quelli più facili, quelli per i quali non avremo bisogno di un finanziamento o di un aiuto economico. Parlo, ad esempio, dell’ampliamento dei kit e del lancio di alcuni nuovi prodotti.

Vorremmo poi iniziare a toccare i mercati esteri più vicini e ci piacerebbe prendere un truck per fare il giro dell’Europa. In questo modo potremmo capire come viene percepito sia il prodotto in sé che il nostro brand al di fuori dell’Italia.

L’idea è quella di ipotizzare una mappa di possibili città in cui aprire dei ristoranti. Perché il nostro sogno è sempre stato questo, quello di aprire una catena di ristoranti.

 

Ristoranti di carbonara?

Sì, ma non solo. Il nostro nome, potenzialmente, ha questa fortuna di aprirsi anche verso piatti diversi. Perché il suffisso carbo rimanda sì alla carbonara, ma anche ai carboidrati, e quindi l’offerta potrebbe essere molto più varia di quanto lo sia in questo momento..

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