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  4. Metodi e modelli organizzativi delle società cooperative

Purpose, mission e vision, posizionamento strategico, il “perché” di Simon Sinek e così via… Sono varie le soluzioni che possiamo adottare per aiutare l’azienda a focalizzare i suoi asset identitari, ma giocoforza ogni organizzazione privata ha alla base delle fondamenta comuni, dei valori, che sono ben espressi nell’articolo 41 della nostra Costituzione: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.

 

Ogni organizzazione, ed è lo Stato a chiedercelo, dovrà avere fini sociali e ambientali, ma tra tutte le organizzazioni possibili, ce n’è una in particolare che nei valori trova il fondamento stesso del suo essere: il modello cooperativo. Anche in questo caso è la Costituzione a venirci in aiuto, con l’articolo 45: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.” Ecco quindi che la società cooperativa, oltre a perseguire fini sociali e ambientali come richiesto dall’articolo 41, diventa anche mutualistica e senza fini di speculazione privata. Sono fondamenta solidissime alla base di tanti modelli cooperativi di successo, anche se di non facile attuazione e non a caso, a volte, emergono organizzazioni e modelli di governance in sofferenza a causa dell’alto livello di complessità. I valori della cooperativa sono realmente tali solo se sono capaci effettivamente di generare valore economico; se questo non è possibile, allora i valori rischiano di diventare disvalori. I valori sociali e i valori economici devono essere perfettamente allineati e determinati metodi e modelli di management possono venire in aiuto nella ricerca di questo equilibrio.

 

Tra opportunità e sacche di inefficienza

Con il famoso incipit di Anna Karenina, Tolstoj ci ha lasciato una frase memorabile: “Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo". Sarà vero? Chi ha lavorato nel mondo cooperativo, probabilmente non sarà d’accordo. La “felicità” delle cooperative prende corpo nell’erogazione di benefici al cliente di svariate tipologie e con modelli produttivi assai variegati; ogni cooperativa è una storia a sé ed è difficile generalizzare. Ma nell’“infelicità” delle cooperative, lì invece è possibile ritrovare casi ricorrenti che ci portano a problematiche che potremmo definire standard, a volte anche pesanti e dolorose. Le infelicità, soprattutto le infelicità di bilancio che si chiamano MOL e EBIT, spesso sono affrontabili e risolvibili, ma ad una condizione: le opportunità valoriali delle cooperative non possono mai essere un alibi per giustificare l’incapacità di generare valore, nella consapevolezza che le responsabilità sono prima di tutto nella base sociale e nel modo in cui viene concepita la cooperativa:
- il socio partecipa attivamente alla generazione del modello di governance o vede nella cooperativa una bad company su cui scaricare le proprie inefficienze?
- la cooperativa partecipa ad un sistema lobbistico e corporativistico o è realmente libera di esprimersi sul mercato?
La gestione delle variabili endogene in questo contesto è particolarmente rilevante e questo impegno non è paragonabile con le sfide che normalmente le società di capitali si ritrovano ad affrontare.

 

I clienti interni e i clienti esterni

Siamo abituati a vedere nel “go to market” - verso la conquista di nuove quote di mercato - l’imperativo prioritario che toglie il sonno alle direzioni generali. Ma il modello cooperativistico è molto più di questo: alle risorse normalmente destinate al marketing e al commerciale per l’acquisizione e la gestione della relazione con il cliente, la cooperativa dovrà aggiungere tempo ed energia per gestire un cliente interno ancora più esigente: il socio, in particolare il cosiddetto socio conferitore. Ecco quindi che la cooperativa dovrà essere eccellente nella comunicazione interna, per la diffusione della cultura aziendale e per la formazione del personale e della sua base: a livello tecnico e produttivo, a livello manageriale e soprattutto a livello identitario e concettuale. Se è vero che la cooperativa non deve perdere soci (in particolare nelle relazioni tra primo e secondo livello), è anche vero che i soci non sono obbligati a restare soci. I casi parossistici che portano i soci ad odiare la propria cooperativa perché non soddisfatti dalle remunerazioni, e che spingono i soci a lavorare contro la cooperativa conferendo magari il prodotto più scadente, devono essere risolti alla radice. E proprio qui si configura il ruolo fondamentale del Presidente che non è semplicemente un mediatore tra le esigenze della base sociale e quelle della direzione generale; il Presidente è il mezzo migliore per trasmettere internamente la consapevolezza che, volenti o nolenti, siamo destinati sempre a fare i conti con un cliente finale molto esigente, cioè un soggetto che le mediazioni non le accetta mai; il cliente finale accetta solo prodotti e servizi di valore, e non semplicisticamente prodotti e servizi basati su dei valori.

Ripetiamolo: il cliente generalmente compra prodotti di valore, non prodotti basati su valori. Nella consapevolezza che è il mercato che fa la cooperativa e non viceversa, il ruolo del Presidente è sviluppare una cultura aziendale fondata sul realismo e sulla responsabilità commerciale. House organ, eventi, convention, corsi di formazione interna, ma anche processi laboratoriali di facilitazione per lo sviluppo di culture e competenze; sono tante le iniziative che possono essere messe in pista. E, ovviamente, l’assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio, magari agevolata da un alto numero di deleghe, non è mai una soluzione sufficiente per creare una vera cultura aziendale; la comunicazione interna non si risolve con un appuntamento all’anno, per di più in contesti meramente burocratici.

Il governo di una società cooperativa non è mai semplice e al socio spetta una scelta di campo: chiarire se essere parte della soluzione o se essere parte del problema. Parallelamente, però, l’azienda ha la responsabilità di spiegare adeguatamente e ricorsivamente la propria identità con processi il più possibile partecipativi, andando a formare la propria base sociale.

 

Il modello cooperativo nell’agroalimentare come risorsa per il territorio

Dalle numerose esperienze sviluppate da Gabrielli & Partner nell’ambito cooperativistico, un’opportunità emerge chiaramente all’interno del contesto competitivo: l’essere cooperativa in relazione al territorio e agli stakeholder. I processi di efficientamento dei modelli organizzativi, sempre nell’equilibrio tra valore (per il cliente) e valori (sociali), portano nella maggior parte dei casi verso la generazione di un impatto territoriale rilevante capace di innescare un circolo virtuoso ed altamente fruttuoso a livello economico. Il classico modello di Simon Sinek perché/come/cosa nel modello cooperativistico si arricchisce quindi di un cerchio fondamentale: il “dove”. In questo ambito, quindi sul territorio, la cooperativa tipica dell’agroalimentare trasferisce valori generando valore: nella diffusione della sua cultura aziendale, nella disponibilità a sviluppare formazione e solidarietà, nella straordinaria capacità di trasformare il prodotto in esperienza (tramite eventi, open day e iniziative locali), e nell’opportunità di tenere in casa parte della marginalità della filiera, gestendo una quota della distribuzione.

 

Il modello cooperativo come risorsa per il cambio generazione

La cooperativa responsabile della diffusione della propria cultura aziendale, tra valori sociali e generazione di valore economico, e magari anche capace di impattare sul territorio, dovrà abbracciare con responsabilità anche le esigenze imprenditoriali del singolo socio. Tra queste, un aspetto in particolare è emerso nel corso delle varie esperienze di Gabrielli & Partner: il supporto del socio nella gestione del passaggio generazionale. Se da un lato la cooperativa nella sua continua ricerca di personale, può essere una palestra per formare le generazioni più giovani (cioè i figli dei conferitori che lavorano a vario titolo in cooperativa prima di rientrare nell’azienda di famiglia), dall’altro può diventare un generatore di competenze manageriali per il socio, anche per la gestione di una tematica così delicata e importante come il passaggio generazionale. La cooperativa può diventare l’incubatore del modello organizzativo del socio, contaminando le future risorse con la propria cultura e facilitando il passaggio. Attivare questo percorso, vuol dire assicurarsi la continuità nel lungo periodo.

 

Il modello cooperativo come risorsa per la Generazione Z

Tra le splendide iniziative con cui siamo entrati in contatto, impossibile non citare il podcast Coop Z: Il futuro della Cooperazione per i giovani realizzato da Doc Servizi Soc. Coop., distribuito da FreecomHub in collaborazione con Legacoop e Generazioni Legacoop. La generazione Z è alla ricerca di un nuovo modello lavorativo capace di offrire un nuovo equilibrio non solo tra valori e valore, ma anche con la vita, con il cosiddetto work life balance. Il cooperativismo può offrire una risposta vera a questa istanza; può essere l’avanguardia del futuro del lavoro, in una fase delicatissima in cui ogni azienda lotta per accaparrarsi i migliori talenti sul mercato.

 

I progetti per la crescita

L’esperienza di Gabrielli & Partner nel contesto cooperativo - dalle organizzazioni specializzate nell’erogazione di servizi alla produzione agroalimentare - si dipana tra realtà aziendali con valori della produzione da pochi milioni di euro fino al miliardo. Ma in ogni contesto, grande e piccolo, il valore dell’identità condivisa con la base sociale e con il territorio è sempre stato il punto di partenza di ogni progetto per la crescita. Ad identità confuse, che magari si sono sfilacciate nel corso degli anni tra un’acquisizione e l’altra, corrisponderanno sempre strutture interne poco coese e un go to market inefficiente. Ritrovare e rinnovare i propri valori vuol dire alimentare ed implementare il valore del proprio business.

 

Il caseificio del territorio

Una precisa strategia: essere al fianco dei cittadini e dei turisti che amano le filiere agrozootecniche come fattore di benessere alimentare e non solo; essere al fianco del territorio per trasmettere valore al contesto; essere al fianco delle Istituzioni per lo sviluppo del comprensorio. Con queste premesse, il nostro cliente ha avviato un innovativo piano di crescita che ha permesso di trasformare il prodotto caseario in una nuova esperienza culturale, gastronomica e territoriale. Corsi, eventi, magazine, blog, cultura del servizio al banco, e-commerce, ma anche ristorazione a gestione diretta per avvicinare la produzione e il consumatore. Tutto questo per generare una relazione più forte con il cliente, finalizzata ad un maggior controllo della marginalità dalla filiera nel suo complesso, dal campo alla tavola. Uno splendido esempio che dimostra come i “valori” possono essere impegnati nella generazione di “valore”!

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Aurelio Bauckneht
Scritto da Aurelio Bauckneht Il mio focus è la cultura d’impresa e delle organizzazioni, cioè l’alchimia che unisce il sogno aziendale all’efficienza e il valore delle persone ai risultati, all’insegna del miglioramento continuo.
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