Mario Varesco

Founder e Head of Design di Mfor Mind Forward

 

Architetto e designer, Mario Varesco ha collaborato negli anni con brand di fama internazionale come Burton, Salewa, Tetrapak, Smeg, Illy, Geox, Dethleffs, Eurocopter, Fischer, La sportiva e molti altri.

Per i suoi lavori ha ottenuto il riconoscimento di numerosi premi, tra i quali spiccano due Compassi d’Oro.

Dal 2014 è fondatore Head of Design di Mfor Mind Forward, studio di consulenza per il design, lo sviluppo di prodotto e di strategie di brand.

 

Curiosi e creativi si nasce, dicono. Sarà per questo che a volte mi piace raccontare di essere nato dopo la mia matita, la 0.9 2b.

Una matita dal tratto morbido che ti lascia sfumare le idee facilmente, permettendoti di spingerti oltre alla prevedibilità bidimensionale e di esplorare, grazie alle ombre e alle sfumature, la magia della terza dimensione.

Una matita per creativi, potremmo dire.

 

È stata lei la mia prima fonte d’espressione: più della parola e dei gesti, sin da bambino mi ha permesso di comunicare agli altri ciò che sentivo nel profondo. I miei sogni e i miei pensieri, ma anche e soprattutto le mie intuizioni.

Perché ogni sogno è legato alla sua intuizione in modo indissolubile già a partire dal momento in cui l’idea ti attraversa e inizia a prendere forma nella sua armonia e nelle sue proporzioni.

Questo momento mi piace chiamarlo codice sorgente, il codice con cui tutto ha inizio e da cui tutto dipende.

 

Mi accade soprattutto quando mi si propone una nuova sfida: d’improvviso mi appaiono le cose per come potrebbero essere, soluzioni capaci di dare nuova linfa.

Penso, a volte, che viviamo in un mondo arcaico e ho voglia di costruirne un altro ex novo, perché essere creativi alla fine vuol dire questo: immaginare e realizzare nuovi mondi e nuove possibilità di viverli.

Un lavoro di cui ci sarà sempre bisogno, il nostro. Almeno fino a quando vivremo in mondi stanchi, vetusti, codificati dai “si è sempre fatto così” e dall’inerzia che ci costringe a seguire percorsi lineari, comodi, anche quando non ci soddisfano più.

 

Quand’è così, l’unica soluzione possibile sta nell’aggrapparsi al valore di un’idea, cercando in lei la forza creatrice dell’invenzione pura, originale, autentica. Per costruirle attorno una forma, un colore, un’immagine…  un vestito che le permetta di esprimersi e di portare il suo messaggio al mondo.

Perché un’idea giusta apre una via, genera valore, energia e nuovi comportamenti.

A patto, però, di essere giusta nel momento giusto; contemporanea.

 

In questi lunghi anni da professionista, durante i diversi incontri e confronti che hanno costellato il mio lavoro, ho sempre cercato negli occhi del mio interlocutore una luce ben precisa. 

Quella luce è la voglia di cambiare, il desiderio di farlo anche se non si sa come.

Esattamente come la modalità stand by di un apparecchio elettrico lui è pronto, ma qualcuno o qualcosa deve attivarlo.

Non importa se la paura lo blocca o se non crede di avere le forze necessarie. Ciò che conta è che la sua anima sia attraversata, almeno per una volta, da questa consapevolezza.

 

Allora capisco che il cambiamento è possibile e il mio lavoro può iniziare, cercare il terreno fertile per coltivare insieme l’idea.

 

Seguiranno e serviranno confronti, condivisioni condite da complicità, perché sono questi i primi elementi con cui ha inizio il viaggio. Un buon lavoro di analisi per poi passare all’azione, perché queste sono le basi necessarie per dare forma ai sogni. Consapevoli che basta un attimo per vederli rimanere nel limbo, incapaci di incontrare strade, città e persone.

 

Il lavoro del designer credo sia simile a quello di un trasduttore. Capta e avverte energie, a volte impercettibili, dopodiché le trasforma in un’altra energia da quella sorgente, originaria, senza perderne la potenza e l’efficacia.

Tra difficoltà, che a volte demolisce e schiva, il designer non dimentica il sogno, ma lo porta alla sua piena e reale manifestazione.

 

Da qui la sfida per il nostro futuro: ridurre la complessità.

È lei il grande ostacolo che ci separa dalla concretizzazione di un sogno o di un’idea.

Lo vediamo osservando il mercato: gli oggetti di successo sono prodotti semplici, capaci di comunicare il proprio perché indipendentemente da uno slogan. Sono facilmente leggibili e hanno origini del tutto simili a quelle dei prodotti della natura, al punto che la loro non-presenza, fino ad oggi, sembra quasi essere stata il frutto di una dimenticanza divina.

 

Dovremo quindi portare l’immediatezza della semplicità in un mondo caotico e complesso, aiutando la tecnologia, il suo sviluppo e i suoi processi a trovare nuove aree e nuovi ecosistemi, possibilmente incentrati sull’utilizzo sostenibile delle risorse e l’utilità dei servizi e dei prodotti per il benessere dell’uomo.

Dovremo essere più consapevoli della immensa capacità terapeutica della bellezza.

A quel punto faremo dei nostri sogni una realtà e, finalmente, il frutto dei desideri e non dei soli bisogni.

 

Non è più tempo per accontentarsi di fare.

È tempo di fare bene.

Ti è piaciuto questo articolo? Rimani sempre aggiornato!
Attenzione!
Per un'esperienza di navigazione completa utilizza il tuo dispositivo in verticale.
Grazie!